sabato 24 novembre 2012

3 MOTIVI PER CUI LE PRIMARIE DEL PD CALPESTANO LA COSTITUZIONE ITALIANA


- "Noi, cittadine e cittadini democratici e progressisti, ci riconosciamo nella Costituzione repubblicana" 
[https://www.primarieitaliabenecomune.it/registrazione/appello]

IN VERITA' LE ELEZIONI PRIMARIE SONO ANTICOSTITUZIONALI ALMENO PER TRE ORDINI DI MOTIVI:

1) Scorrendo l'appello si legge:
"Per questi motivi partecipiamo alle elezioni primarie per la scelta del candidato comune alla Presidenza del Consiglio"
INCOSTITUZIONALE! Vedi art. 92: "il Presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei Ministri" per poi successivamente (art.94) "ottenere la fiducia dei due rami del Parlamento".

2) "Per votare alle primarie è indispensabile del 'certificato' di elettore della coalizione di centrosinistra".
INCOSTITUZIONALE! Vedi Art. 48: "Il voto è personale ed eguale, libero e SEGRETO"

3) "Vincolare la risoluzione di controversie relative a singoli atti o provvedimenti rilevanti a una votazione a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta"
INCOSTITUZIONALE! Art. 67 : "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato"


L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA PARLAMENTARE, I NOSTRI PADRI COSTITUENTI SCELSERO DELIBERATAMENTE DI ESCLUDERE QUALSIASI ARCHITETTURA ISTITUZIONALE DI STAMPO "PRESIDENZIALISTA"!!

mercoledì 21 novembre 2012

Omer Goldman, 19 anni. Ebrea di Tel Aviv. Il suo coraggio è più di un messaggio di pace...

Omer Goldman ha 19 anni, è ebrea, vive a Tel Aviv, è una bella ragazza e non è difficile immaginare che riesca a realizzare la sua ambizione di diventare un’attrice.

Ma da quando aveva 8 anni, ha anche un altro sogno – quello di lavorare con un’organizzazione come Amnesty International, sperando di contribuire a realizzare un mondo migliore. Fino ad ora, il suo modo di agire in questa direzione è andando in prigione. Scegliere di andare in prigione piuttosto che servire nell’esercito israeliano – un adempimento obbligatorio per tutti i giovani israeliani.

E Omer Goldman non era destinata alla prigione. Per la maggior parte della propria vita pensava di arruolarsi nell’esercito, e di diventare un eroe del proprio paese. Dopo tutto, suo padre, è un ex capo del Mossad, ed è ancora considerato uno degli uomini più potenti dell’apparato di sicurezza del paese. La sua sorella maggiore e la maggior parte dei suoi amici hanno fatto il servizio militare senza discutere.

Ma la seconda guerra contro il Libano ha iniziato a cambiare la mente di Omer. Ha visitato Hebron, ha iniziato ad andare regolarmente in Cisgiordiania e ha visto come i palestinesi vivono, come vengono trattati.

Ha iniziato ad andare alle dimostrazioni, e ha fatto parte, in un paese della Cisgiordania, di un gruppo di protesta che cercava di rimuovere un checkpoint che era stato costruito in mezzo al paese senza alcuna necessità.

“Non doveva stare lì”, dice, “lo hanno messo solo per angariare i paesani”. E improvvisamente i soldati hanno iniziato a fare fuoco contro il gruppo di manifestanti.

“Questo è l’esercito che ero stata indotta a credere che mi stava proteggendo, che mi stava aiutando”, dice: lo shock dell’avvenimento è ancora evidente nella sua voce. E’ stata colpita ad una mano da un proiettile di gomma e in quel momento ha capito che non avrebbe mai indossato l’uniforme di una forza che commette azioni del genere.

Il giorno che doveva firmare, si è presentata con un centinaio di sostenitori. E si è pubblicamente rifiutata di arruolarsi. E’ stata immediatamente portata in una cella, e poi davanti a un tribunale militare, dove il giudice – un ufficiale di alto rango – ha cercato di convincerla che poteva diventare un soldato e cambiare le cose dall’interno.

“Potresti offrire caramelle ai bambini palestinesi nei checkpoint”, le ha detto, a quanto pare senza ironia. La sua replica – “offrire caramelle non cambia il fatto che sarò lì illegalmente” – lo ha fatto infuriare tanto che le è stata inflitta una sentenza più dura di quelle comminate ad altri obbiettori di coscienza che stavano lì quel giorno.

Omer ha scontato due periodi di tempo in galera – e nonostante la sua paura della prigione, e la sua consapevolezza che è stata un’esperienza orribile venire rinchiusa in una cella di medie dimensioni con altre quaranta donne – dice che retrospettivamente quel periodo è stato tra quelli più significativi della propria vita.

Omer è adesso esentata dalla coscrizione per motivi medici, ma continua a partecipare alle dimostrazioni, e a parlare pubblicamente contro quella che considera un’ingiustizia commessa dai propri connazionali e dal suo governo contro una popolazione civile innocente. La sua presa di posizione le è costata parecchio. Gli amici l’hanno allontanata, gli estranei l’hanno attaccata fisicamente, e suo padre rifiuta ogni contatto con lei.

Così, perché continuare? Perché prendere una tale posizione? La sua risposta è ferma:

“Perché quando l’Occupazione finirà, in venti o trent’anni, sebbene spero che succeda prima, voglio poter dire che ho fatto qualcosa, che non sono stata solo a guardare questa ingiustizia…il mio stare in prigione non ha aiutato neanche un palestinese, lo so, ma almeno ho fatto qualcosa pensando che fosse giusta – per dire che la violenza non è la risposta.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo:http://www.radionetherlands.nl/thestatewerein/otherstates/tswi-090124-Omer-Goldman